Il 24 gennaio scorso si è tenuto all’Università di Torino un convegno organizzato dalla Federazione Regionale dei Movimenti per la Vita e dei Centri di Aiuto alla Vita del Piemonte e della Val d’Aosta; dalla scuola itinerante AIGOC per il Piemonte; da BIEVOL, Bioetica Europa E Volontariato Onlus. Il responsabile scientifico del convegno è stato il prof. Giuseppe Noia; la Regione Piemonte ha concesso il suo patrocinio e sono stati assegnati 5 crediti formativi ECM agli studenti delle facoltà di medicina, biologia, ostetricia infermieristica e farmacia.
I relatori sono stati tutti professionisti di alto profilo. C’erano illustri ginecologi: oltre al prof. Noia, docente di medicina dell’età prenatale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, hanno partecipato il dott. Angelo Francesco Filardo, Coordinatore regionale Umbro Metodo Billings, il dott. Antonio Oriente, Dirigente del Dipartimento Tutela Materno Infantile Azienda Sanitaria Messina; medici e bioeticisti, come il dott. Renzo Puccetti, specialista in medicina interna, docente di bioetica Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma; Franco Balzaretti direttore del Week e Day Surgery dell’ASL di Vercelli e Vice Presidente Nazionale AMCI. Sono intervenuti, inoltre, la dott.ssa Cinzia Baccaglini, psicologa e psicoterapeuta e il dott. Giacomo Rocchi, magistrato della Corte di Cassazione.
La finalità del convegno, intitolato “L’inizio della vita – Luci ed ombre”, è stata quella di coniugare le ragioni della ragione scientifica, giuridica ed etica per giungere a riflettere sulla verità della persona umana, sulla sua preziosità, sulla sua bellezza con onestà intellettuale contro approssimazioni e falsità ideologiche e oggi tanto diffuse e celebrate.
In particolare il convegno ha consentito una rigorosa disamina sui metodi naturali di regolazione della fertilità, quali metodi per una corretta conoscenza di sé, alla luce dei risultati riportati dagli studi dell’OMS, nonché attraverso l’esame della molteplicità di pillole offerte oggi dal mercato farmaceutico, al di là delle mistificazioni semantiche che ne consentono la diffusione e l’uso; ha evidenziato il protagonismo biologico dell’embrione, che, a partire dalla fecondazione, “……non è un soggetto passivo, ma un attivo orchestratore, che dirige il suo impianto e il suo destino futuro….” (Editorial: British Medical Jour-nal, 2000). Si è sottolineata inoltre la possibilità di cura prenatale del feto, anche con metodiche invasive a basso rischio, in opposizione alla mentalità eugenistica che vorrebbe la diagnosi prenatale finalizzata alla eliminazione del feto con anomalie congenite, senza alcun sforzo di ricercare possibili alternative di terapia. Si è fatta chiarezza sulle motivazioni etiche, giuridiche, mediche dell’obiezione di coscienza , alla luce di una coscienza formata, in un momento storico in cui lo strumento dell’obiezione di coscienza sembra venire messo in discussione e posto sotto accusa da derive indubbiamente totalitarie che, volendo limitarla in nome di un obbligo di servizio, arrivano a snaturare la professione del medico e dell’operatore sanitario rendendolo di fatto un mero esecutore dei desiderata del paziente. E’ quindi emerso un tema poco noto e spesso trascurato: quello delle conseguenze psicologiche dell’aborto sulla donna, in primis, ma anche sulla coppia e sulla famiglia. Ad una letteratura scientifica sul tema, sempre più abbondante all’estero, negli ultimi anni, si contrappone la scarsità, nel nostro Paese, di studi e rilevazioni che mettano in luce la sofferenza post abortiva e indichino percorsi di terapia. Spesso è solo il volontariato pro vita che, nell’impegno di scongiurare un aborto, si imbatte nel disagio e nel lutto di un pregresso aborto ed è chiamato a farsi carico di situazioni non poche volte drammatiche.
Eppure, navigando sul web, si incontrano solo articoli pieni di veleno contro questo congresso e contro la Regione che l’ha patrocinato: livore e menzogne che hanno presentato la cosa come organizzata da gruppi integralisti cattolici “anti aborto e anti gay”. Tutti commenti e critiche che dimostrano ancora una volta come i cultori della morte non abbiano la benché minima considerazione della tanto decantata democrazia, della libertà di manifestazione del pensiero, e soprattutto della vita e dei diritti inviolabili dei bambini e delle donne.
di Francesca Romana Poleggi